IRST Dino Amadori IRCCS

Un nuovo paradigma per lo Screening del tumore al seno - 19 novembre 2018

85mila pazienti coinvolti, 23 centri europei partecipanti (tra cui IRST IRCCS, AUSL della Romagna e IRCCS Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia) coordinati dall’istituzione francese Unicancer grazie a un finanziamento complessivo di 12.5 milioni di euro: MyPEBS mira a definire l’efficacia dell’attuale metodo di screening del tumore al seno tramite mammografia e nuovi metodi basati su rischio clinico e biopsia liquida

Il tumore al seno in Italia – Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nelle donne, rappresentando quasi il 30% di tutte le neoplasie femminili. Un dato in crescita, specialmente nella fascia di età 45-49 anni, ma che si accompagna, in parallelo, ad una costante riduzione della mortalità. Un risultato possibile grazie ai progressi terapeutici e alla diffusione di programmi di diagnosi precoce fondamentali per l’identificazione dei tumori ai primi stadi di sviluppo, quando il trattamento ha maggiori probabilità di essere efficace. Si stima che nel 2018 saranno diagnosticati in Italia oltre 52mila nuovi casi di carcinoma della mammella. La sopravvivenza a 5 anni delle donne con tumore della mammella in Italia è pari all’87%, più elevata rispetto alla media europea (81,8%).

Le attuali linee guida per lo screening al seno – Attualmente gli screening per tumore al seno in Italia coinvolgono donne dai 50 ai 69 anni e prevedono una mammografia ogni 2 anni. La mammografia è un esame radiologico di comprovata efficacia per identificare i noduli, anche di piccole dimensioni, non ancora percepibili al tatto. In caso di sospetto seguono ulteriori accertamenti (tra cui è possibile anche una biopsia per definire le caratteristiche delle eventuali cellule tumorali). Soltanto al completamento di questo percorso si ottiene la conferma della diagnosi, quindi l’avvio dell’iter terapeutico. Studi e ricerche hanno dimostrato che, per le donne che si sottopongono allo screening, la mortalità si riduce del 25%. Statisticamente per ogni 1.000 donne di età tra i 50 e i 69 anni sottoposte ai programmi di screening e seguite fino a 79 anni di età, questo tipo di programmi permette di salvare tra 7 e 9 vite. A fronte degli eccellenti risultati ottenuti, lo screening mammografico generalizzato secondo età è però da tempo oggetto di discussione, non solo per il numero di falsi positivi ed over-diagnosi – causa d’incrementi nei costi a carico dei Sistemi sanitari e immotivato stress emotivo nelle donne – ma soprattutto per le crescenti potenzialità dei nuovi approcci della medicina personalizzata. È, infatti, sempre più una pratica quotidiana la definizione di iter di diagnosi e cura ritagliati sulle singole caratteristiche del paziente, sul profilo genetico individuale. Il tutto con evidenti vantaggi in termini di successo di cura, benessere personale e risparmio economico.

Un nuovo paradigma per gli screening al seno – Punto di partenza per la rilettura degli attuali percorsi degli screening (“strategia standard” contro “strategia su misura”) è l’accertata efficacia dei metodi che stimano il rischio d’incorrere in un tumore attraverso la relazione tra variabili cliniche, densità mammaria (la prevalenza di tessuto fibroghiandolare), polimorfismi e variazioni genetiche individuabili dai più recenti test di laboratorio.

Il progetto – Intitolato My Personalized Breast Screening (MyPeBS) ed è coordinato a livello europeo dal centro per la lotta contro il cancro “Gustave Roussy” di Parigi. Lo studio, con un budget di 12 milioni di euro, recluterà circa 85mila donne in 5 paesi (Francia, Italia, Gran Bretagna, Belgio, Israele), di cui 30mila in Italia di età compresa tra 45 e 69 anni. Sarà valutato un percorso di screening con protocolli personalizzati sulla base del profilo genetico, della storia della donna e della sua famiglia e della densità del seno, modulando l’intensità dei controlli: modificando la frequenza dello screening con intervalli più serrati nelle donne con rischio più alto e riducendo l’intensità invece nelle donne ritenute a basso rischio. I risultati saranno disponibili non prima di 10 anni. Tra i 23 centri europei partecipanti – 9 dalla Francia, 5 dall’Inghilterra, uno da Paesi Bassi ed Israele, 4 dall’Italia, 2 dal Belgio; a questi si aggiunge la statunitense University of California (San Francisco) – ci saranno, coordinati dal dr. Fabio Falcini (Direttore Dipartimento di oncologia ed ematologia clinica e sperimentale IRST IRCCS e Direttore Prevenzione Oncologica AUSL Romagna - Forlì) anche l’Istituto Tumori della Romagna (IRST) IRCCS e, come soggetto terzo collegato, l’Azienda USL della Romagna sede di Forlì. Il finanziamento ottenuto da IRST-AUSL Romagna è complessivamente poco più di 241mila euro. Ciascuna donna partecipante al progetto seguirà un programma stratificato per rischio modulando l’intensità dei controlli. I campioni raccolti saranno tutti inviati per essere analizzati tramite genotipizzazione del DNA in Francia, al Centre National de Génotypage d’Evry; i dati ottenuti, invece, saranno centralizzati a Lione, nella piattaforma di bioinformatica ideata dal luminare francese Thomas Gilles. Al termine del progetto, i risultati consentiranno di confrontare l’efficienza delle due differenti strategie nel trattare tempestivamente i tumori al seno, in particolare la capacità di identificare l’incidenza di tumori al seno di stadio 2+.

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