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Leucemia mieloide acuta: la ricerca italiana al vertice nel mondo, 18 mesi di sopravvivenza nei pazienti più difficili da trattare

La sopravvivenza dei pazienti colpiti da leucemia mieloide acuta più difficili da trattare (resistenti, refrattari e “unfit”, cioè anziani e fragili) passa da 6 settimane a 18 mesi (un anno e mezzo). Un risultato davvero straordinario, mai raggiunto prima, grazie a uno studio tutto italiano (AVALON), pubblicato recentemente sulla rivista “Cancer”. Si tratta della prima sperimentazione “real life” condotta in Europa su una nuova terapia, venetoclax (BCL 2 inibitor) in combinazione con un agente ipometilante (azacitidina o decitabina). Il 75% dei pazienti ha ottenuto il controllo della malattia. Lo studio osservazionale AVALON, promosso e coordinato da Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori ‘Dino Amadori’ IRST IRCCS (Meldola, FC) e Istituto Europeo di Oncologia IEO in collaborazione con la Rete Ematologica Lombarda e il patrocinio della Fondazione GIMEMA, ha raccolto i dati dei pazienti trattati off label dal 2015 al 2020 in 32 centri di ematologia italiani.

In totale sono stati arruolati 192 pazienti: 42 con nuova diagnosi (“unfit” anziani o fragili che presentavano altre malattie e non erano candidabili a chemioterapia intensiva), 68 refrattari/resistenti (che non hanno avuto benefici da precedenti terapie) e 79 recidivanti (in cui la patologia si è ripresentata). I risultati sono presentati oggi al convegno nazionale ‘Post-New Orleans 2022 - Novità dal Meeting della Società Americana di Ematologia’. 

“Migliorano le prospettive di cura per i pazienti con leucemia mieloide acuta, un tumore del sangue che colpisce ogni anno oltre 2.000 persone in Italia - afferma Giovanni Martinelli, Direttore Scientifico dell’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori ‘Dino Amadori’ IRST IRCCS e ultima firma dello studio AVALON -. Si tratta di una malattia ematologica tra le più insidiose e difficili da trattare contro la quale è necessario un intervento curativo tempestivo e terapie quanto mai mirate ed efficaci. Il nuovo studio è una sperimentazione ‘real life’, interessa perciò pazienti in condizioni peggiori rispetto a quelli coinvolti negli studi registrativi. Per questo è molto importante che i risultati di AVALON confermino i dati dello studio registrativo di venetoclax VIALE‐A, condotto negli Stati Uniti. I due agenti ipometilanti azacitidina o decitabina sono già utilizzati nel trattamento della leucemia mieloide acuta nel paziente anziano o fragile con un tasso di remissione completa ad un anno del 12%. La combinazione con venetoclax ha invece portato il dato al 56% per i pazienti con nuove diagnosi ‘unfit’, al 44% nei malati refrattari e al 39% in quelli recidivanti. Sono dati straordinari, perché riconducibili a un utilizzo esteso della terapia. In particolare, cambiano le prospettive di cura per i fragili e gli anziani, cioè pazienti che presentano condizioni di salute già gravi, prima della diagnosi della patologia ematologica. Ora potranno ricevere un trattamento estremamente efficace anche nelle strutture sanitarie del nostro Paese”.

“Per tasso di remissione completa intendiamo che gli elementi leucemici scendono a -5% sia a livello di sangue periferico che midollare - prosegue il prof. Martinelli -. Grazie alla combinazione venetoclax azacitidina/decitabina abbiamo una normalizzazione dei principali valori ematologici, come il livello di piastrine ed emoglobina, e, quindi, possiamo ottenere una guarigione di fatto. Il trattamento risulta solitamente ben tollerato e abbiamo registrato effetti collaterali inferiori alle aspettative. Vi sono stati episodi di infezioni, nei primi 60 giorni di somministrazione del farmaco, come spesso avviene durante le cure ematologiche”. “Con lo studio AVALON l’ematologia italiana offre un importante contributo per migliorare la qualità ed aspettativa di vita di pazienti colpiti da uno dei tumori del sangue più gravi - conclude Martinelli -. Sono necessarie ora nuove ricerche che approfondiscano il ruolo e le potenzialità della combinazione venetoclax azacitidina/decitabina ed eventuali integrazioni con le terapie mirate”.

 

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